BILLO
1.
Ricorderò per sempre quella sera. Era la vigilia di Natale. Avevo camminato tutto il giorno. Davanti a un palazzo avevo notato una scatola aperta, posata accanto al bidone della raccolta differenziata, e mi ci ero infilato, in cerca di riparo. Ero affamato, avevo freddo e tanta paura.
Fu allora che vidi Livio per la prima volta.
Era uscito di casa per andare a gettare la spazzatura. Attraversò la strada facendo attenzione a non scivolare, posò il sacco nel cassonetto e si aggiustò il cappello. Strofinò le mani l’una con l’altra, cercando di scaldarle, e si voltò per rientrare, ma dopo pochi passi si fermò di colpo, attirato dal mio flebile lamento. Si avvicinò, guardò verso di me, incuriosito, e aggrottò la fronte.
«E tu, cosa ci fai qui, la notte di Natale?»
Alzai la testa e incontrai gli occhi di un omone grande e grosso, avvolto in un cappotto nero, e sperai che non si trattasse di un mostro pronto a cucinarmi per cena.
Livio sorrise. «Perdindirindina! Vieni qui, stai tremando!» Mi sollevò per guardarmi meglio. «Robe da matti, un cucciolo di cane…» sussurrò, scuotendo la testa. Quindi mi strinse al petto e mi portò in casa.
«Ora ci penso io, piccolino. Fammi trovare… Dove l’ho messo? Eccolo! Dentro a questo cesto di vimini starai come un re! Era la cuccia di Laila, la mia cagnetta. Ah, è tanto cara, Laila, mi sarebbe piaciuto fartela conoscere. Peccato che se la sia portata via mia moglie, insieme a tutti i miei sogni.»
Io me ne stavo immobile, raggomitolato davanti al termosifone, godendomi il calduccio e annusando il buon profumo di dolci che riempiva la stanza.
«Sai una cosa? Mi è venuta un’idea! Faremo una bella sorpresa a Olena, domani.» Livio mi sollevò con delicatezza e mi appoggiò dentro al cestino. Poi ci ripensò.
«Che sciocco, sarai affamato, devi mangiare qualcosa!»
«Livio, con chi stai parlando?» Nella stanza giunse l’eco di una vocina tenera e lontana.
«Dormi, tesoro, sto preparando i biscotti per Babbo Natale. Lo sai che, da quando mia moglie se n’è andata, parlo da solo!» L’uomo sorrise, mi accarezzò la testa e accostò la porta della cucina. Prese una ciotola, la riempì di crocchette e me la porse.
«Meno male che le ho tenute. Mangia, cucciolo, fatti sotto!»
Non me lo feci ripetere due volte. Mi avvicinai alla ciotola e la svuotai in un attimo.
Quando ebbi finito, Livio mi adagiò nel cesto, mi coprì con un asciugamano di spugna e mi portò in garage.
Trascorsi una notte piuttosto agitata. Chiuso lì dentro non si stava così male, ma avevo paura. “E se quell’uomo mi dimentica qui? E se entra qualcuno e mi porta via?”
E poi mi mancava la mia mamma. E i miei fratelli. Tutta colpa della neve! Quella mattina, Lorella era uscita per andare a ritirare la posta e aveva dimenticato di chiudere la porta di casa. Mi ero avvicinato all’uscio per curiosare ed ero rimasto incantato. Dal cielo cadevano tanti fiocchetti bianchi, che si posavano a terra e ricoprivano tutto. Non avevo mai visto niente di così magico! Ero sgattaiolato in giardino e avevo cominciato a zampettare su quel tappeto candido e gelato, divertendomi a osservare la forma buffa delle impronte che mi lasciavo dietro. Infilarmi tra le doghe del cancelletto era stata questione di un attimo. Un passo tira l’altro e avevo finito per perdere la strada. Grazie al cielo quell’uomo mi aveva trovato!
E così avrei trascorso la prima notte di Natale della mia vita chiuso in un garage.
Alle prime luci dell’alba, finalmente, mi addormentai, ma poco dopo venni svegliato da un rumore fortissimo. La porta di ferro del garage si sollevò, lasciando entrare un cono di luce bianca e una ventata di aria gelida.
Livio si accovacciò di fianco alla mia cuccia, con il viso arrossato dal freddo. «Buongiorno, piccolo, dormito bene?»
Alzai la testa, ancora assonnato. “Eh, magari!” pensai.
L’uomo sollevò la cesta e mi portò in casa. C’era un grande albero, davanti alla finestra del soggiorno, pieno di palline bianche e rosse, con tante luci dorate che si accendevano e si spegnevano continuamente. Ai suoi piedi, erano adagiate tre buste colorate chiuse con un nastro e una grande scatola di cartone. “Valli a capire, gli umani! Invece di uscire e andare a sedersi all’ombra degli alberi, se li portano in casa e ci mettono sotto i pacchi!”
Livio aprì la scatola e mi poggiò all’interno. «Adesso stai fermo qui, buono buono, okay? Ti lascio una ciotola di crocchette, ma non muoverti, mi raccomando!» Tirai un sospiro di sollievo, avevo temuto che mi volesse chiudere dentro. Assaggiai le crocchette e mi addormentai, ma venni svegliato poco dopo da una voce squillante, che mi fece drizzare le orecchie.
«Livio, guarda! Un cagnolino!»
Aprii gli occhi e mi trovai di fronte la bimba più bella del mondo! In realtà non avevo mai visto altre bambine, ma ero certo che nessuna avrebbe potuto competere con lei. Aveva i capelli biondi, lisci, legati in due piccoli codini ai lati del viso; portava un pigiamino rosso e un paio di calzini a righe, e sorrideva, fissandomi con i suoi grandi occhi chiari.
La piccola mi sollevò e mi prese tra le braccia. Aveva un buon odore e modi gentili. Mi sentivo al sicuro con lei, forse perché era una cucciola come me.
«È il mio regalo?»
Livio la guardò con tenerezza. «Beh, non proprio, Olena. L’ho trovato ieri sera, infreddolito e affamato, accanto ai bidoni dell’immondizia, qui, di fronte a casa. Dovrebbe avere il microchip, troveremo la sua famiglia. Ma per questi giorni di festa lo terremo con noi.»
Il mio cuore sussultò di gioia. Sarei tornato dalla mia mamma, dai miei fratelli e da Lorella! Ma le sorprese non erano ancora finite. Qualche minuto dopo, sentii una voce allegra alle mie spalle. «Buon Natale, miei cari!»
Mi voltai. Una donna robusta, con i capelli bianchi raccolti sulla nuca, era appena entrata nella stanza.
«Ciao, Nonna Teresa!»
«Ciao, Olena, ben svegliata.»
«Guarda cosa ha trovato Livio ieri sera!»
La donna emise un gridolino di gioia. «Un cucciolo! Da dove arriva?»
Livio le raccontò tutto. Lei mi prese in braccio e si commosse. «Andrà tutto bene, piccolo, ritroveremo la tua famiglia. Nel frattempo, ti preparerò qualche manicaretto.»
Livio rise. «Mamma, non esagerare, però, mi raccomando!»
Rise anche lei e mi posò a terra. Trotterellai fino all’albero di Natale, saltellando tra i pacchi muovendo la coda. Cominciavo a sentirmi a mio agio in quella strana famiglia.
2.
Olena mi riempiva di coccole e di vizi. La mattina si alzava presto per prepararmi la pappa. Poi veniva a svegliarmi, sussurrando parole dolci e piene d’amore.
Livio aveva fatto una grossa spesa al supermercato e Nonna Teresa mi preparava ciotole deliziose, continuando a ripetere che niente era più salutare di una buona cucina casalinga.
La sera mi accoccolavo sul tappeto, mentre Livio leggeva una favola ad alta voce e Olena lo ascoltava con gli occhi socchiusi. Qualche volta la piccola chiedeva notizie della guerra e della sua famiglia. Livio chiudeva il libro e sospirava. «Finirà presto, tesoro, ne sono certo, e potrai tornare a casa. Ma fino a quel momento resterai qui con me, al sicuro.»
Allora lei mi accarezzava. «Come il nostro cucciolo!»
«Già. Proprio come lui.»
Livio aveva un carattere dolce, che mal si conciliava con il suo aspetto. Le sue mani robuste e indurite dal tempo, accarezzandomi, parlavano d’amore. Mi chiedevo spesso per quale motivo sua moglie l’avesse lasciato. Lo scoprii qualche giorno dopo il mio arrivo. Olena era sola in casa, Livio aveva accompagnato sua madre a trovare una vecchia zia.
La piccola mi prese in braccio e mi raccontò tutta la storia.
«Peccato che Lorella non possa conoscerti. Si sono separati due mesi fa. Pensare che erano una bella coppia, anche se litigavano spesso negli ultimi tempi. Lei desiderava un figlio, lui non voleva saperne. Livio fa il maestro, è bravissimo, mi ha insegnato anche l’italiano! Dice che di bambini ne vede già abbastanza a scuola. Ma scherza. In realtà teme di non farcela. Con i soldi, intendo. Lorella ha perso il lavoro e lui non se la sente di avere una famiglia sulle spalle. Non ancora, almeno. L’altro giorno ho sentito che parlava con Nonna Teresa e le raccontava che il suo sogno sarebbe avere non uno, ma due o tre figli. E che vorrebbe tanto che Lorella tornasse a casa. Se n’è andata una mattina presto, me lo ricordo bene. Ha preso Laila, il cane che avevano adottato poco dopo il loro matrimonio, ed è tornata a vivere dai suoi genitori. Livio ha pianto per una settimana; è molto triste, ma non trova il coraggio di andare a cercarla. Lorella è una donna orgogliosa, ma prima o poi tornerà, ne sono certa.»
Agitai la coda. Lei sorrise e continuò.
«Anche perché, prima o poi, io andrò a casa. Spero... E Livio è già così infelice! Mi considera una figlia, ormai. Sai cosa ha detto a Nonna Teresa? Le ha detto che da quando sono con lui ha compreso la gioia di essere padre! E che, quando tornerò in Ucraina, sarà felice per me, ma anche molto triste di non potermi più vedere. Ma ci terremo in contatto. Ci vogliamo bene!»
Livio e Nonna Teresa tornarono prima di pranzo.
Olena corse loro incontro, poi mi prese con sé e mi portò nella sua cameretta. «Adesso devo fare i compiti, ma tu puoi restare qui a farmi compagnia. Ti va?» Mi addormentai tra le sue braccia.
3.
Le vacanze di Natale trascorsero in fretta. A casa di Livio mi divertivo molto e mi sentivo amato. Ma avevo capito che il tempo stava per scadere.
Una mattina, Livio si alzò di buon'ora, fece una colazione abbondante e si avvicinò alla mia cuccia. «Giovanotto, è giunto il momento di tornare a casa.»
Olena e Nonna Teresa corsero alla porta per salutarmi. Erano commosse, tutte e due.
«Posso venire con te, Livio?» Olena non si dava pace, in pochi giorni eravamo diventati amici.
«Certo, ti aspetto in macchina. Vestiti bene, che fa freddo.»
Il veterinario era un uomo giovane, con la barba lunga e un sorriso gioviale. Mi sollevò e mi appoggiò su un bancone metallico e freddo. Tremai un poco. Lui se ne accorse e mi tranquillizzò. «Non preoccuparti, non ti farò del male. Adesso leggo un numerino che ti porti sempre addosso, così potrai ritrovare la tua famiglia.»
Avvicinò uno strano aggeggio al mio collo e trascrisse un numero. Poi si avvicinò a un computer appoggiato su una grande scrivania bianca, e digitò qualcosa. Livio, in piedi accanto a lui, impallidì e portò le mani sul volto. «Non è possibile…»
Il veterinario prese una poltroncina e invitò Livio a sedersi. Forse temeva di dover curare un umano, quella mattina, anziché un animale!
Livio si volse verso la bambina. «Olena, il cucciolo è di… è di…»
La bimba lo guardava con gli occhi spalancati, senza parlare.
«È di Lorella!»
Il veterinario non capiva. «Posso contattare io questa signora, se volete.»
«Grazie, Dottore, ma non è necessario. È mia moglie. Cioè, la mia ex moglie. O forse no. Non so. Forse è un segno del destino. Una magia. Insomma…»
L’uomo sorrise sotto la barba, imbarazzato.
Uscimmo poco dopo. Livio era euforico. «Andiamo subito!»
«E se si arrabbia?» Olena era sempre molto prudente.
«Sarà felice di aver ritrovato il suo cucciolo. E chissà, magari ritroverà anche me.»
Quando Lorella aprì la porta si illuminò in un grande sorriso.
«Billo! Amore mio, dove ti eri cacciato?»
Poi guardò il marito, aggrottando le sopracciglia. Livio arrossì. «Possiamo entrare? Ti racconterò tutto.»
Lei lo fissò negli occhi. Uno sguardo che non scorderò mai. Un misto di gioia, tristezza e amore. Poi si scostò e gli indicò di accomodarsi in salotto.
Olena lo seguiva, intimorita.
Lorella, quando si accorse che c’era anche lei, la sollevò per abbracciarla. «Tesoro, che gioia rivederti, mi sei mancata!»
«Laila ha avuto i cuccioli?»
«Sì, bambina mia. Non vi ho detto niente, perdonami, non ho avuto il coraggio di chiamare a casa.»
«Ci ha pensato lui!» Olena rise, puntando il dito verso di me.
Livio si pentì di non essere passato dal fioraio, prima di andare da Lorella. Era sempre stato un uomo impulsivo. E poi non badava tanto alla forma. Ma non servivano i fiori, in quel momento. Parlavano gli occhi. Quei due si guardavano come non esistesse altro al mondo.
Mentre Lorella e Livio ricostruivano la loro vita, io tornavo alla mia.
Laila corse da me abbaiando e muovendo la coda. Dietro di lei, i miei fratelli facevano un gran baccano. Fu un bellissimo giorno di festa!
4.
E ora sono qui. Un’altra notte di Natale.
Sono vecchio, ormai. Accoccolato accanto al camino, guardo Livio e Lorella, intenti ad addobbare l’albero. Mi hanno detto che domani ci sarà una sorpresa. Guardo una fotografia, appoggiata sulla credenza. Ritrae una grande famiglia: la famiglia di Olena. Abbaio. Fingo di non capire; gli umani si ostinano a trattare gli animali come fossero bambini. Ma io ho una certa età e ho compreso benissimo. Domani la rivedrò. E sarà il Natale più bello della mia vita!