IL SOGNO DI UN BAMBINO

 


I folletti si guardavano sconsolati: era il ventiquattro dicembre e Babbo Natale non aveva alcuna intenzione di consegnare i doni, quella notte.

Stava seduto sulla sua poltrona, con la testa china e gli occhi chiusi, e non c’era verso di farlo alzare.

«È inutile, il Natale ha perso la magia di un tempo…» ripeteva continuamente, accarezzandosi la barba.

I folletti cercavano di convincerlo. «I bambini rimarranno delusi...»

«Impossibile. I bambini non credono più a Babbo Natale.»

«Ma i grandi sì, loro aspettano il tuo arrivo!»

«I grandi? I grandi hanno smesso da tempo di sognare. Non sanno più cosa sia lo stupore, la meraviglia.»

I folletti non sapevano più come fare. Si erano seduti tutti intorno a lui e lo guardavano con gli occhi lucidi, sperando in un miracolo.

Alle quattro del pomeriggio, Babbo Natale si alzò, annunciando ad alta voce: «Ho deciso. Prendo la slitta.»

I folletti saltarono in piedi, entusiasti, pronti a dare una mano per recuperare il tempo perduto. Palladineve corse verso il grande magazzino, dove venivano riposti tutti i giocattoli pronti per la consegna. Aveva le gote rosse per l’emozione. «Vado a prendere i doni!» 

Ma Babbo Natale lo fermò: «No, grazie Palladineve, non mi servono i doni. Vado al mare. Un po’ di svago mi farà bene… Buon Natale, cari Folletti.»

Nel laboratorio calò il silenzio. Palladineve si sedette per terra, con la testa tra le mani. Gli altri folletti abbassarono lo sguardo, ricacciando le lacrime.

Babbo Natale indossò un paio di pantaloni verdi e un maglione rosso, per non farsi riconoscere, ma non riuscì a separarsi dal suo cappello, che piegò con cura e infilò in tasca. Salì sulla slitta e volò via. 

Durante il viaggio, Babbo Natale osservava dall’alto le vie delle città, vuote e silenziose. “Che tristezza,” pensava, “un tempo il Natale portava gioia e amore, le case risplendevano di luci e i bambini lasciavano accanto al camino una tazza di latte e qualche biscotto per me. Per le strade risuonava l’eco delle canzoni natalizie… Adesso invece, tutto questo silenzio…”

Quando intravide la costa era già sera. Babbo Natale parcheggiò la slitta, svuotò sul selciato un grande sacco di licheni per le sue renne e si allontanò a piedi. La spiaggia era deserta, il cielo stava diventando scuro. Fece una breve passeggiata sulla battigia, poi si sedette sulla sabbia, lo sguardo rivolto all’orizzonte. Il mare era calmo, le onde si rincorrevano pigre, scandendo lo scorrere del tempo. Quante ore mancavano alla mezzanotte? Non aveva più importanza, ormai…

«Ciao.»

Babbo Natale si voltò, un bambino si era seduto accanto a lui; era talmente assorto nei suoi pensieri che non se n’era neanche accorto. 

«Ciao» rispose. «Cosa ci fai qui, tutto solo?» 

«La mia famiglia sta preparando l’albero di Natale, così io sono sceso in spiaggia.»

«Non ti piace addobbare l’albero?»

«Sì, mi piace, ma nessuno dei miei amici lo fa più. E poi, se dico che aspetto Babbo Natale mi prendono in giro.»

«Ohibò, questo non va bene!»

«Ma stanotte, quando arriverà da me con la slitta e le renne, si dovranno ricredere!» 

«Ah, sicuro! Dimmi, hai mandato la letterina?»

«Certo! Ho scritto un’e-mail!»

«Ah, bravo. E cosa hai chiesto a Babbo Natale?»

«Gli ho chiesto il Natale.»

«Il Natale?»

«Sì. Mamma e papà mi hanno raccontato che una volta la notte di Natale era una notte magica, una notte bellissima.»

«E tu hai chiesto a Babbo Natale di portarti una notte così?»

«Sì… Beh, poi gli ho chiesto anche un trenino elettrico!»

Babbo Natale sorrise: un bambino aveva un sogno, e quel sogno dipendeva da lui. Un bambino non è che una piccola stella nell’universo, ma un cielo pieno di stelle illumina la notte… forse c’era ancora speranza. Doveva fare qualcosa. Ma come poteva creare dal nulla l’atmosfera giusta? Non era rimasto molto tempo… 

All’improvviso gli venne un’idea. Tirò fuori dalla tasca il suo cappello e lo infilò. Il bambino spalancò gli occhi.

«Piccolo, adesso devi andare subito a casa. Prima aiuterai i tuoi genitori ad addobbare l’albero, poi chiamerai i tuoi amici e dirai loro di vestirsi a festa, perché questa sarà una notte speciale!»

«Ma.. tu… tu sei…»

«Sì, sono proprio io!» Babbo Natale sorrise, arruffandogli i capelli con la mano. «Mi raccomando: credi sempre nei tuoi sogni e non smettere mai di sognare.»

Il bimbo lo abbracciò, poi corse verso casa.

Quella notte scese tantissima neve. Milioni di lucciole illuminarono il cielo e gli alberi si riempirono di grandi bacche rosse; i folletti invasero paesi e città, suonando e cantando splendide canzoni natalizie. Le campane richiamarono l’attenzione della gente, che cominciò a riversarsi per le strade, con gli occhi pieni di meraviglia. 

Ma c’era troppa neve fuori, e faceva molto freddo. Così, ben presto, tutti rientrarono nelle case e trascorsero la notte a festeggiare con i propri cari e con i propri amici.  Allora compresero che quello era un momento unico e prezioso. Ritrovarono la gioia di stare insieme, il calore degli affetti e il piacere della condivisione. 

All’alba, Babbo Natale salì sulla slitta, per tornare a casa. La città sonnecchiava tranquilla. Presto la gente si sarebbe svegliata per riprendere i festeggiamenti: era il giorno di Natale!

Affacciato alla finestra, un bambino guardava il cielo che cominciava a tingersi di rosa. Le strade ricoperte di neve riflettevano i primi raggi di sole del nuovo giorno.

La slitta passò proprio davanti a lui. Il bimbo alzò un braccio, salutando con la mano. Babbo Natale gli sorrise: «Buon Natale, piccino!» 

Il bambino lo guardò sfrecciare tra le nuvole. Un trenino elettrico, posato a terra accanto a lui, girava sui binari, sotto un bellissimo albero pieno di luci e palline colorate.


Racconto inserito nell'antologia Lo spirito del Natale nel multiverso - PAV Edizioni 2023 (Autori Vari)