Autore: Alessandro Baricco
Editore: Feltrinelli
Data di pubblicazione: 2012
N. Pagine: 222
ISBN: 9788807880872
Autore: Alessandro Baricco
Editore: Feltrinelli
Data di pubblicazione: 2012
N. Pagine: 222
ISBN: 9788807880872
Alessandro Baricco - Castelli di rabbia
“Accadono cose che sono come domande.Passa un minuto, oppure anni, e poi la vita risponde”.
Gli abitanti di Quinnipak sono personaggi un po’ bizzarri, ma sono anche ambiziosi, sognatori e appassionati.
C’è il signor Rail, che acquista una locomotiva che si chiama “Elizabeth” e che vuole costruire una ferrovia lunga duecento chilometri, perfettamente dritta. Perché “il treno è un proiettile sparato nell’aria” e “l’immagine di un proiettile in corsa è la metafora esatta del destino”. Il signor Rail che un giorno torna a casa con un ragazzino, Mormy, e quel ragazzino è suo figlio. E quel ragazzino ha solo otto anni, ma non riesce a vivere come gli altri: il mondo corre e lui rimane indietro. Mormy non ha difese contro la meraviglia: si incanta davanti alle immagini della vita, “rubato da uno stupore lancinante”. Alcune immagini gli sono rimaste dentro e se le porterà dietro per sempre, “perché è così che ti frega, la vita. Ti piglia quando hai ancora l'anima addormentata e ti semina dentro un'immagine, o un odore, o un suono che poi non te lo togli più. E quella lì era la felicità”. Tra queste immagini c’è il volto di Jun, “il più bello che avesse mai visto”. Jun è la moglie del signor Rail, e non è sua madre. È una donna bellissima, che ha affidato la propria vita alle pagine di un libro, e quel libro, chissà, forse un giorno potrebbe portarla lontano.
A Quinnipak c’è Pehnt, un ragazzo che annota su un quadernetto le cose che occorre imparare “per sopravvivere alle incognite dell’esistenza” e che, avvolto nella giacca del padre, si porta addosso il proprio destino. E' una giacca troppo grande per un bambino, ma un giorno diventerà della misura giusta, e allora sarà il momento di lasciare la città.
C’è Pekisch, che ha inventato uno strano strumento musicale: l’umanofono, una sorta di organo in cui, al posto delle canne, ci sono delle persone. Ogni persona emette una sola nota: la propria. Ma Pekisch, proprio lui, che suona mille strumenti e altrettanti ne ha inventati, la sua nota non l’ha mai trovata. “Aveva troppe note dentro per trovare la sua”.
C’è il vecchio Andersson, un “genio del vetro”. Il vecchio Andersson, in fin di vita, non ha più voce, ma ha molto da dire, e allora parla, il vecchio Andersson, parla al signor Rail. Deve dirglielo, che “tutte le bocce di cristallo che hai avrai rotto erano solo vita” e che “la vita vera magari è proprio quella che si spacca, quella vita su cento che alla fine si spacca ... Il mondo è pieno di gente che gira con in tasca le sue piccole biglie di vetro… le sue piccole tristi biglie infrangibili… e allora tu non smetterla mai di soffiare nelle tue sfere di cristallo”.
Questi sono solo alcuni degli abitanti di Quinnipak. Ma ognuno dei personaggi che incontriamo in questa strana cittadina immaginaria vive con tutto l’entusiasmo e tutto il coraggio di cui è capace, e non ha paura di costruire i propri castelli, castelli di sogni e castelli di rabbia, correndo incontro al suo destino, qualunque esso sia. Perché quello che conta davvero, nonostante i fallimenti e gli errori e le delusioni, è seguire i propri sogni, trovare la propria nota; quello che conta è vivere intensamente ogni singolo attimo che la vita ci regala, perché è in ogni piccolo attimo che si nasconde la felicità.