Autore: Sandor Marai
Editore: Adelphi
Data di pubblicazione: 2004
N. Pagine: 441
ISBN: 9788845924651
Autore: Sandor Marai
Editore: Adelphi
Data di pubblicazione: 2004
N. Pagine: 441
ISBN: 9788845924651
Sándor Márai - La donna giusta
“Un giorno mi sono svegliata, mi sono messa a sedere sul letto e ho sorriso. Non sentivo più alcun dolore. E improvvisamente ho capito che non c’é nessuna persona giusta. Non esiste né in terra né in cielo né da nessun'altra parte, puoi starne certa. Esistono soltanto le persone, e in ognuna c'è un pizzico di quella giusta, ma in nessuna c'è tutto quello che ci aspettiamo e speriamo. Nessuna racchiude in sé tutto questo, e non esiste quella certa figura, l'unica, la meravigliosa, la sola che potrà darci la felicità. Esistono soltanto delle persone, e in ognuna ci sono scorie e raggi di luce, tutto…”
Suddiviso in tre capitoli, oltre all'epilogo, “La donna giusta” è costituito da tre lunghi monologhi tenuti dai protagonisti di un triangolo amoroso, oltre a quello conclusivo di un quarto personaggio. La medesima storia viene così raccontata secondo differenti punti di vista.
La prima voce narrante è quella di Marika, una donna che racconta a un'amica la sua vita di sposa infelice e innamorata. “Mi amava, come no. Allo stesso tempo, però, era come se tollerasse la mia presenza in casa sua, nella sua vita.” Una donna che ha sofferto molto accanto a un uomo triste e solo, che nessuno, nemmeno lei, poteva aiutare. Una donna che lotta con tutte le proprie forze per salvare il suo matrimonio, fino a quando trova nel portafoglio del marito un vecchio pezzo di nastro, color viola scuro. Un nastro del quale la donna non conosceva l’esistenza, e al quale il marito tiene moltissimo. “Qualsiasi cosa ci fosse dietro la facciata della nostra vita, tutto era comunque tenuto insieme da forti legami; era un edificio solido, ben progettato, spazioso e con un tetto robusto… E proprio su quel tetto adesso era caduta quella minuscola fiamma viola.” Una fiamma che ha radici lontane e profonde, che portano il nome di un’altra donna: Judit.
Il secondo capitolo è affidato alle parole dell’uomo, Peter, che racconta a un amico com’è nato il suo amore per Judit, una ragazza di campagna assunta come governante nella sua casa di ricco borghese, quando era ancora un ragazzo. Una passione assoluta, intensa e mai sopita, che lo porta, dopo molti anni, a lasciare la moglie e a sposarsi con quella donna, scoprendo il lato oscuro dell’amore. “Tu ora vieni a dirmi che sono un uomo ferito, pieno di risentimento. Qualcuno mi ha ferito. Forse quella donna, la mia seconda moglie. O forse la prima. Qualcosa è andato storto. Sono rimasto solo, ho attraversato gravi crisi emotive. Sono pieno di collera. Non credo nelle donne, nell’amore, nel genere umano.”
La terza voce è quella di Judit, ed è una voce tagliente. La donna racconta la propria storia, una storia di miseria e di rancore. Ad ascoltarla, questa volta, è il suo amante, un batterista, al quale è affidata la narrazione dell’epilogo. “Qui, nel mio letto, non devi fare altro che amarmi e riposarti. Se dicevo lo stesso anche a mio marito? … No, amore mio. Non volevo che si sentisse a suo agio quando veniva nel mio letto. Era proprio questo il problema… In qualche modo, non volevo che stesse bene insieme a me. Eppure lui, poverino, aveva fatto davvero di tutto per me, ne aveva fatti di sacrifici! Aveva rotto con la sua famiglia, con il suo ambiente, e rinunciato alle sue abitudini. Aveva deciso di fuggire da tutto, nel vero senso della parola, per rifugiarsi da me.”
Tanti gli approfondimenti in queste 441 pagine nelle quali, intorno al tema dell’amore, analizzato nella profondità dell’animo umano, ruotano i più svariati sentimenti: il dolore, la passione, la ferocia, la meschinità. Sullo sfondo, la devastazione della seconda guerra mondiale, la povertà, una borghesia ungherese decaduta, ridicola e grezza, le differenze tra le classi sociali.
I primi due capitoli, pubblicati nel 1941, sono ricchi di pensieri e di riflessioni che portano la lettura a un livello molto alto, risultando più intensi e coinvolgenti rispetto al terzo capitolo, scritto nel 1949, e all’epilogo, aggiunto nel 1980, nei quali ho percepito un po’ di stanchezza.
Un romanzo amaro, profondo e introspettivo, lontano tuttavia, a mio parere, dalla perfezione raggiunta dall'autore con "Le braci".